Nell’introduzione al catalogo “Giancarlo De Carlo. Le Ragioni dell’Architettura”, avevo scritto che “devo molto a Giancarlo De Carlo. E per quello che a lui mi accomuna e per quello che da lui mi divide. Di certo, dal primo momento in cui l’ho incontrato, ed erano gli anni sessanta a Milano, non ha mai cessato di darmi delle cose: e quando non me le ha date, me le sono prese. Come architetto, innanzitutto. In un mestiere che è fatto di rapina (a viso scoperto naturalmente), Giancarlo De Carlo è una delle miniere cui mi sono sempre approvvigionato. C’è poi un Giancarlo “educatore”: a cui devo ancora di più. Da lui ho imparato che non ci sono formule, non ci sono stili che ingabbino la tua libertà. Mi ha tenuto lontano dall’umiliazione delle mode e delle tendenze. E’ da lui che ho imparato a mettere tutta la mia energia in una sola cosa: l’architettura.”
E questo indipendentemente dalla dimensione dell’oggetto architettonico.
Per cui anche una casa, come “Ca’ Romanino” è l’occasione per confrontarsi con il paesaggio urbinate, per ascoltare i luoghi che “parlano” come avrebbe detto lui, per creare uno spazio ricco – labirintico e antigerarchico – e, così, aggiungere un’ulteriore tessera alla sua ricerca “tentativa”.
Auspico dunque che davvero “Ca’ Romanino” diventi un luogo di incontro, di confronto in cui l’architettura sia al tempo stesso oggetto e soggetto di una riflessione più ampia che riprenda tanti dei temi che Giancarlo – con grande generosità intellettuale – ci ha lasciato in eredità.
Renzo Piano, Ottobre 2011